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Carl Gustav Jung: un sogno è il distacco da Freud e la nascita della psicologia analitica.




Molto si è parlato del «rapporto edipico» che legava Freud e Jung. Invero il filo rosso che lega il fondatore della Psicanalisi e quello della Psicologia Analitica ha radici più profonde ed un luogo comune situato in Boulevard de l'Hopital nel XIII Arrondissement di Parigi: La Salpetriére. Il luogo è originariamente quello della più grande fabbrica di polveri da sparo del mondo, la salnitriera, ricostruita per volere di Luigi XIV nel 1656 come centro di accoglienza per i mendici, le prostitute e gl'abbandonati di Parigi. Finirà per accogliere anche tutti i malati di mente e diverrà, sotto la guida del grande Jean Martin Charcot fondatore della moderna neuropsichiatria, il più importante centro neuropsichiatrico di fine ottocento. Sigmund Freud vi approfondirà i propri studi - traendone importanti basi - dal 1885 al 1886 sotto l'egida dello stesso Charcot. Carl Gustav Jung vi si recherà per gli stessi motivi nel 1902 guidato dall'altro grande allievo di Charcot, Pierre Janet, di cui resterà ammirato per sempre. L'ipnosi, l'isteria, le «emozioni terrificanti», le «idee fisse», l'esperienza, onirica e non solo, della «impuissance motrice» sono i terreni da cui nasce la psicanalisi, da cui a sua volta procede, ma distaccandosi, la psicologia analitica che integra in sé anche mitologia e soprattutto l'Alchimia. L'incontro tra Freud e Jung è del 1907, a seguito del brillante saggio di quest'ultimo sulla dementia precox che gli valse l'ingresso nella «Associazione Psicanalitica Internazionale» fondata da 


Freud. Il legame tra i due divenne molto stretto ed assunse via via tipologie marcatamente edipiche di cui entrambi cominciarono a diventar coscienti. Di più: entrambi cominciarono a divenir coscienti del latente sfondo inconsciamente omoerotico di questo rapporto, realtà che entrambi rigettavano. E' lo sfondo che va a connotare «La Libido, simboli e trasformazioni» (1912), l'opera di Jung che segna il definitivo distacco dei due e la base dalle cui elaborazioni successive, unite ad altri studi prevalentemente di natura mitologico religiosa ed alchimistica, nasce la psicologia analitica. Il colpo che segna la nascita della concezione di inconscio collettivo e di archetipi di questo, centra proprio il simbolismo dei sogni che manifestano «reminiscenze infantili e tratti di mentalità arcaica, i quali potrebbero eventualmente giungere fino a fare rivivere prodotti dello spirito manifestamente arcaici». Dunque nel sogno confluiscono il personale ed il collettivo. E' il primo tradimento radicale della psicanalisi e Jung ne è pienamente cosciente ma anche personalmente assai provato, e l'analisi del brano inerente l'Abate Oegger ci dice, indirettamente, di quanto egli si sentisse «Giuda» nei confronti di Freud.La scissione definitiva e la nascita della «psicologia analitica» è invece nella nuova, diversa e più ricca interpretazione del concetto psichico di «Resistenza». Freud ne vedeva le radici nell'inconscio, segnatamente nella rimozione e nei traumi specie dell'infanzia. Jung dimostra come essa sia dovuta anche all'azione degli archetipi e delle proiezioni del concetto di sé e del proprio realizzarsi autentico: l'eroe ed il sacrificio. Il passaggio ad una nuova e più elevata realtà psichico coscienziale: quanto da tempo praticava l' «Alchimia 


spirituale», ad esempio già con Paracelso. Questo il travaglio, il «Sacrificio» dell' «Eroe» Carl Gustav Jung la sua «Rinascita» al suo sé più elevato. Tutto ciò ha però un punto di origine, una «Nascita» ben precisa. Si tratta di un sogno che Jung fece nel 1909 mentre con Freud e Ferenczi si trovava per un ciclo di lezioni presso la Clark University del Massachusett. E' da questo sogno che Jung ricava il concetto di inconscio collettivo. «Mi trovavo in una casa a due piani ma sconosciuta.Era la «mia» casa. Ero al piano superiore in un bel salotto stile rococò. Alle pareti erano appesi quadri preziosi. Ero sorpreso di avere una casa così e pensavo: mica male! D'un tratto mi resi conto che non sapevo ancora che aspetto aveva il piano inferiore. Discesi la scale e giunsi al pianterreno. Lì tutto era più antico: quella parte della casa risaliva al quindicesimo secolo o al sedicesimo. L'arredamento era medievale ed il pavimento in mattoni rossi. Il tutto immerso nella penombra. Andavo da una stanza all'altra dicendomi: ora bisogna che esplori l'intera casa! Arrivai davanti ad una pesante porta, l'aprii. Dietro di essa scoprii una scala di pietra che conduceva in cantina. La scesi e giunsi in una stanza antichissima con una volta magnifica. Esaminando le pareti mi accorsi che fra le pietre ordinarie del muro c'erano degli strati di mattoni, di cui la calcina conteneva dei frammenti. Da questo riconobbi che i muri erano di epoca romana. Il mio interesse era aumentato al massimo. Esaminai anche il suolo ricoperto di lastroni di pietra. In uno di questi scoprii un anello. Lo tirai: il lastrone si sollevò e anche lì c'era una scala fatta di stretti gradini di 


pietra, che conduceva nelle profondità. La discesi e giunsi in una bassa grotta rocciosa. Nell'alta polvere che ricopriva il suolo c'erano ossa, frammenti di vasi, una sorta di vestigia di una civiltà primitiva. Scoprii due teschi umani, probabilmente antichissimi, mezzi corrotti. Poi mi svegliai.» Questa l'interpretazione che segna la nascita della «psicologia analitica»: «La casa figurava una specie di immagine della psiche. La coscienza era figurata dalla sala di soggiorno (...) Al pianterreno cominciava già l'inconscio. Più scendevo in profondità, più tutto diveniva strano e oscuro. Nella grotta scoprii i resti dell'uomo primitivo, in altre parole il mondo dell'uomo primitivo in me, mondo che non poteva quasi affatto essere raggiunto o illuminato dalla coscienza. L'anima dell'uomo primitivo confina con la vita dell'anima animale, così come le grotte dei tempi preistorici furono perlopiù abitate da animali, prima che gl'uomini se ne impadronissero per loro stessi. (...) Presi allora pienamente coscienza di quanto grande fosse la differenza tra l'atteggiamento mentale di Freud ed il mio proprio...»
francesco latteri scholten

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